Memoria Epigenetica E Allenamento

Memoria Epigenetica E Allenamento

La memoria muscolare scheletrica si riferisce ad una risposta migliorata ad uno stimolo specifico, quando sono stati precedentemente affrontati stimoli uguali o simili.

Nel contesto dell’esercizio fisico, la memoria muscolare ha ampie implicazioni per le prestazioni negli atleti amatoriali o d’élite. Ad oggi, gli studi sulla memoria muscolare si sono concentrati principalmente sull’adattamento all’allenamento contro resistenza ad alto carico, in cui la risposta ipertrofica muscolare è migliorata quando lo stesso stimolo allenante è stato precedentemente applicato.

La memoria muscolare derivante dall’allenamento è attribuita a due meccanismi: la memoria “cellulare” e quella “epigenetica” (epimemoria), che potrebbero anche funzionare in sinergia.

La memoria cellulare suggerisce che le fibre muscolari scheletriche mantengono l’incremento dei mionuclei accumulati dopo un periodo iniziale di ipertrofia, anche quando lo stimolo anabolico cessa e la massa muscolare torna ai livelli basali. Questo fenomeno consentirebbe un ambiente favorevole per processi trascrizionali e traduzionali più efficienti, e forse migliorati, quando si verificano stimoli di crescita muscolare in futuro.

Insieme ad una memoria mediata da ritenzione mionucleare, la memoria indotta dall’esercizio è stata associata anche al mantenimento di modifiche epigenetiche nel DNA del muscolo scheletrico. Studi passati hanno dimostrato che in seguito ad un periodo di allenamento, deallenamento e riallenamento contro resistenza, il riallenamento ha provocato un aumento maggiore della massa magra degli arti inferiori rispetto all’incremento che si era verificato dopo il primo allenamento, anche dopo che il muscolo era tornato alla massa iniziale durante il periodo di deallenamento intermedio. Quest’ultimo fenomeno è stato accompagnato da modifiche epigenetiche (tramite metilazione del DNA) che hanno rivelato profili temporali caratterizzati da una predominanza di ipometilazione del DNA, mantenuta dopo il periodo di allenamento iniziale, anche durante il periodo di deallenamento e/o seguita da ipometilazione aumentata dopo il successivo riallenamento. Inoltre, alcune firme genetiche della memoria sono state associate ad un’espressione genica aumentata durante il riallenamento, che è stata anche associata a miglioramenti della massa magra. È stato dimostrato che alcuni dei geni identificati della memoria epigenetica risultavano importanti nella regolazione della massa muscolare.

Nonostante la ricerca riguardante la memoria muscolare nella crescita muscolare indotta dall’esercizio stia progredendo, attualmente ci sono poche prove di questo fenomeno dell’adattamento in risposta ad altre modalità di esercizio.

Nello studio di Pilotto et al. (Am J Physiol Cell Physiol. 2025 Jan 1;328(1):C258-C272. doi: 10.1152/ajpcell.00423.2024), gli autori hanno indagato se il muscolo scheletrico umano possieda una memoria epigenetica dopo un periodo di allenamento ad intervalli ad alta intensità (HIIT), separato da un lungo periodo di deallenamento, esaminando la risposta nel livello di metilazione del DNA in tutto il genoma (genome-wide DNA methylation, metiloma) e identificando i geni chiave della memoria epigenetica e le vie di segnalazione associate all’adattamento all’allenamento.

Sono stati selezionati venti soggetti (uomini n = 11e femmina n = 9, 25 ± 5 anni). I criteri di inclusione comprendevano non aver mai preso parte in precedenza a programmi di allenamento strutturati; VO2max, determinato da un test iniziale, inferiore a 40 e 45 mL/min/kg rispettivamente per le donne e gli uomini. I soggetti hanno eseguito due protocolli di allenamento HIIT della durata di otto settimane, separati da un periodo di deallenamento di tre mesi (quindi, primo allenamento di otto settimane, seguito da un periodo di deallenamento di tre mesi, seguito da un secondo periodo di allenamento di otto settimane), durante il quale ai partecipanti è stato chiesto di tornare alla loro vita abituale. I livelli di attività fisica sono stati monitorati prima e durante l’intero periodo dello studio tramite accelerometri.

La raccolta dati è stata eseguita in quattro diversi punti temporali: all’inizio (BASELINE), dopo il primo periodo di allenamento (TRAINING), dopo il deallenamento (DETRAINIG) e dopo il riallenamento (RETRAINING). Le sessioni di allenamento erano composte da 10 min di riscaldamento seguiti da periodi ad alta intensità di breve (1-2 minuti) e lunga (3-4 minuti) durata. Per evitare la stagnazione, lo stimolo di allenamento (potenza e ripetizioni) è stato progressivamente incrementato. Un identico protocollo di allenamento è stato applicato sia per il primo periodo di allenamento che per il riallenamento. I soggetti si allenavano tre volte alla settimana su cicloergometro.

Sono stati determinati durante un test incrementale su cicloergometro per ogni soggetto il VO2max, la soglia di scambio gassoso (GET, gas exchange threshold), il punto di compensazione respiratoria (RCP, respiratory compensation point) e la potenza massima raggiunta (Wmax). Quindici soggetti su 20 (uomini n = 9 e donne n = 6) hanno accettato di sottoporsi a biopsia muscolare in tutti i punti temporali richiesti dal protocollo sperimentale. Le biopsie muscolari a riposo sono state prelevate dal muscolo vasto laterale, per valutare lo stato di metilazione del DNA a livello dell’intero genoma e per un’analisi dell’espressione genica mirata.

L’intensità media prescritta in tutte le 24 sessioni nei periodo di allenamento è stata fissata al 120% del Wmax individuale rispetto al valore misurato inizialmente per il primo periodo di allenamento, e in relazione al valore misurato dopo il deallenamento, per la fase di riallenamento. Il carico di lavoro assoluto effettivamente svolto dai partecipanti nel periodo di allenamento iniziale è stato di 245 ± 52 W, e questo non ha mostrato alcuna differenza statistica rispetto alla potenza registrata durante il successivo periodo di riallenamento (247 ± 53 W, P = 0,653). I ​​soggetti hanno raggiunto, rispettivamente, un’intensità media del 202% e del 208% del WGET durante l’allenamento e il riallenamento.

I risultati hanno evidenziato che la Wmax e il VO2max sono aumentati significativamente dopo il TRAINING (+18% e +14%, rispettivamente; entrambi P < 0,001) e il RETRAINIG (+13% e +14%, rispettivamente; entrambi P < 0,001). Il DETRAINIG ha riportato i valori massimi di tutte le variabili ai livelli BASELINE.

I risultati hanno inoltre evidenziato migliaia di posizioni differenzialmente metilate (DMP, differentially methylated positions), prevalentemente in uno stato ipometilato dopo l’allenamento, mantenuto anche dopo i tre mesi di deallenamento e durante il riallenamento.

Il numero totale di siti CpG (regioni del DNA in cui un nucleotide di citosina è seguito da uno di guanina nella sequenza lineare di basi) differenzialmente metilati (principalmente ipometilati) è aumentato rispetto al basale dopo due mesi di allenamento (21605 DMP), non è tornato ai valori iniziali dopo tre mesi di sospensione dell’allenamento (3854 DMP) ed è aumentato di nuovo, anche se in misura minore, dopo i due mesi di riallenamento.

Cinque geni possedevano regioni differenzialmente metilate (DMR, differentially methylated regions) con profili di memoria ipometilati mantenuti, e aumentata espressione genica. L’ipometilazione mantenuta durante il deallenamento è stata associata ad un miglioramento nell’espressione degli stessi geni anche dopo i tre mesi di deallenamento. Tre erano coinvolti nel trasporto del lattato e nella via di segnalazione del calcio.

In conclusione, sebbene non sia stata osservata una memoria significativa nei parametri fisiologici (i valori sono ritornati a quelli iniziali dopo il deallenamento), i risultati indicano che il muscolo scheletrico umano possiede una memoria epigenetica dell’HIIT.