La corsa ripara la mielina danneggiata nei topi

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La corsa ripara la mielina danneggiata nei topi

In topi geneticamente modificati in modo da avere un cervelletto alterato, la corsa nella ruota ha dimostrato di poter innescare la riparazione della guaina mielinica che protegge i neuroni, stimolando una maggiore produzione del fattore di crescita nervosa VGF. In prospettiva, il risultato potrebbe essere utile per la terapia di malattie degenerative del sistema nervoso come la sclerosi multipla in cui il deficit mielinico è il segno caratteristico. Può l’esercizio fisico avere un ruolo protettivo sul sistema nervoso? La risposta è sì, anche se per ora l’effetto è stato documentato solo nei topi di laboratorio.
In un articolo apparso sulla rivista “Cell Reports”, i ricercatori dell’Università di Ottawa, in Canada, in collaborazione con i colleghi dell’ospedale della stessa città, hanno riferito di aver scoperto che il fattore di crescita del sistema nervoso VGF, una molecola che contribuisce a rivestire le fibre nervose con una guaina di mielina che le isola e le protegge, viene prodotto in maggiore misura con l’esercizio fisico e lo rende piacevole, oltre ad avere anche un effetto antidepressivo.
“Siamo veramente eccitati da questa scoperta e ora progettiamo di scoprire il cammino molecolare che è responsabile dei benefici osservati del VGF”, ha spiegato David Picketts, autore senior dello studio. “Dal nostro studio emerge chiaramente che questo fattore di crescita è importante per innescare la riparazione delle aree danneggiate nel cervello”.
Rene Schwietzke/Flickr/Creative Commons 2.0 Il gruppo stava studiando alcuni topi geneticamente modificati in modo da avere un cervelletto – un’ampia regione del sistema nervoso centrale che controlla l’equilibrio e il movimento è di dimensioni ridotte. Questa menomazione era evidente dal comportamento dei roditori modificati che, se venivano mantenuti in condizioni di sedentarietà, manifestavano seri problemi di deambulazione e morivano in media dopo 25-40 giorni. Se invece veniva data loro l’opportunità di correre liberamente in una ruota, vivevano 12 mesi, cioè più o meno come i topi non modificati.
Inoltre, i topi corridori guadagnavano più peso rispetto ai compagni sedentari. Tuttavia, avevano la necessità di continuare a esercitarsi per mantenere questi benefici: se infatti la ruota veniva rimossa, i loro sintomi ritornavano, e i topi non vivevano a lungo.
Una volta analizzati post mortem i campioni di cervelletto, i ricercatori hanno scoperto che l’isolamento delle fibre nervose era maggiore nei topi corridori che in quelli sedentari.
Ma a che cosa era dovuta questa differenza? Durante l’esercizio fisico, i muscoli e il cervello rilasciano centinaia di molecole. Per trovare una risposta alla domanda gli autori hanno perciò dovuto analizzare l’espressione genica nei due gruppi di topi, identificando proprio il gene che codifica per il VGF.
A riprova della correttezza di queste conclusioni, il gruppo ha utilizzato un virus non replicante come veicolo per introdurre la proteina VGF nel flusso sanguigno di topi mutanti sedentari. Gli effetti sono risultati simili a quelli dell’esercizio fisico: più isolamento nelle aree danneggiate del cervelletto, e meno sintomi di malattia.
“Ciò che abbiamo osservato era che i neuroni erano meglio isolati e più stabili”, ha aggiunto Matías Alvarez-Saavedra, primo autore dell’articolo. “Ciò significa che i neuroni malati potevano funzionare meglio e i circuiti precedentemente danneggiati nel cervello diventavano più forti e più funzionali”.
Si aprono a questo punto interessanti prospettive per utilizzare il risultato a scopi terapeutici.
“Ci occorre una ricerca più vasta per verificare se questa molecola possa essere utile nel trattamento della sclerosi multipla o altre malattie neurodegenerative in cui uno dei segni carattetistici è il danneggiamento della protezione dei nervi”, ha concluso Picketts.
“Cell Reports”. Rene Schwietzke/Flickr/Creative Commons 2.0Il. David Picketts.