La scienza si interroga (e scontra) da sempre sul fatto che gli esercizi di flessibilità possano alterare significativamente la prestazione in acuto e, di conseguenza, se e quando poterli eseguire.
In realtà non è così complicato risolvere il problema … è tutta una questione di stiffness e del suo principale artefice anatomo-funzionale: il tessuto connettivo!
Che una fazione propenda per un effetto positivo e un’altra molto più agguerrita propenda invece per il contrario, non significa che la ricerca scientifica sia impazzita ma solo che nel gruppo di studio circoscritto alla ricerca si siano riscontrati gli effetti descritti.
La verità è un’altra, ovvero entrambe le fazioni hanno ragione!
E’ tutta una questione di caratteristiche individuali che possono essere misurate e dalle quali è possibile decidere cosa, quando e come farlo.
Alcuni atleti possono avere effetti positivi, altri effetti negativi.
Alcuni possono avere effetti negativi ma hanno bisogno di flessibilità perché dote caratterizzante la prestazione (ginnastica artistica per fare un esempio).
La divisione ricerca e sviluppo di ELAV ha risolto brillantemente questi dubbi, in maniera scientificamente rigorosa e facilmente applicabile su campo.
Un test intelligente può decretare la soluzione individuale ottimale, decidere la tecnica (innovativa) e la dose migliori da eseguire, programmare la giusta concatenazione con le altre esercitazioni della seduta di allenamento.
Una cosa è certa, se si eseguono esercizi di flessibilità, l’unica collocazione ottimale è esclusivamente nelle fasi iniziali dell’allenamento.