Gli adattamenti neuromuscolari negli allenamenti contro resistenza (RT) sono influenzati dalla manipolazione di variabili quali intensità, volume e frequenza dell’allenamento, nonché dalla selezione degli esercizi.
Recenti scoperte indicano che i miglioramenti nelle dimensioni e nella forza muscolare sono influenzati dalla lunghezza del muscolo allenato. Gli esercizi che stimolano i muscoli a lunghezze muscolari maggiori sembrerebbero provocare una maggiore ipertrofia.
Sebbene la letteratura su questo argomento sia ancora limitata, i benefici di un allenamento a lunghezze maggiori del muscolo sembrano dipendere dal muscolo analizzato. Mentre il tricipite surale, i muscoli posteriori della coscia e i quadricipiti sembrano sperimentare una crescita maggiore con un allenamento a lunghezze maggiori, le prove riguardanti il bicipite brachiale rimangono contrastanti.
L’iperestensione della spalla allunga il bicipite brachiale e la flessione del gomito con la spalla iperestesa probabilmente favorisce la risposta ipertrofica rispetto ad un esercizio in una posizione pre-accorciata.
Ipotesi alternative suggeriscono che il bicipite potrebbe non sperimentare una maggiore ipertrofia quando ci si allena a lunghezze muscolari maggiori perché non riesce a raggiungere la porzione discendente della curva forza-lunghezza. Un’altra possibilità è che, dopo aver pre-allungato o pre-accorciato il bicipite brachiale, il brachiale potrebbe assumere un ruolo maggiore, ricevendo uno stimolo maggiore, e questo spostamento potrebbe ridurre le potenziali differenze nella crescita del bicipite tra gli esercizi.
Tuttavia, queste ipotesi devono ancora essere testate.
Studi precedenti in cui i ricercatori hanno cercato di esplorare l’influenza dell’allenamento del bicipite brachiale a diverse lunghezze muscolari, hanno una generalizzabilità limitata.
Negli studi in cui è stato analizzato l’effetto delle diverse posizioni dell’articolazione spalla, gli esercizi confrontati differivano anche nei loro profili di resistenza; di conseguenza, la lunghezza del muscolo non è stata isolata come fattore, rendendo difficile determinare il suo impatto specifico sull’ipertrofia e sugli adattamenti della forza.
L’ipertrofia è stata spesso valutata considerando i cambiamenti nello spessore complessivo dei muscoli flessori del gomito (misurato come la distanza tra la regione muscolare più superficiale del braccio e l’osso), senza distinguere tra bicipite brachiale e brachiale.
Nello studio di Attarieh et al. (Eur J Sport Sci. 2025 Apr;25(4): e12279. doi: 10.1002/ejsc.12279), gli autori hanno confrontato gli effetti di un allenamento con esercizi di flessione del gomito sull’ipertrofia regionale e sui guadagni di forza massima del bicipite brachiale e del brachiale, utilizzando due esercizio eseguiti con diversi angoli dell’articolazione della spalla ed equiparati nei profili di resistenza.
Quindici individui hanno completato lo studio e sono stati inclusi nelle analisi finali (età = 25,6 ± 2,1 anni; massa corporea = 77,3 ± 6,8 kg; statura = 175,1 ± 5,7 cm; BMI = 25,2 ± 3,8 kg/m2).
I soggetti si sono allenati due volte a settimana per 10 settimane, con una progressione nel numero di serie nel corso delle settimane (settimane 1–3: 3 serie; 4–7: 4 serie, settimane 8–10: 5 serie).
I soggetti hanno utilizzando inizialmente il 70% del 1RM e il carico è stato modificato nel corso delle sessioni in modo che potessero eseguire 8–12 RM fino al cedimento (o molto vicino). Il recupero tra le serie era di 120 s.
Gli esercizi consistevano nel preacher (PREA) e bayesian curl (BAYE). Sono stati eseguiti utilizzando un cavo basso, con soggetti che tenevano la maniglia del cavo con le mani supinate e la spalla posizionata a circa 50° in flessione o estensione per il PREA e BAYE, rispettivamente. L’ampiezza di movimento era la stessa, iniziando da gomito quasi completamente esteso (10° di flessione) fino ad un angolo di flessione di 140°. Gli esercizi sono stati eseguiti con gli stessi profili di resistenza (il grafico momento e angolo al gomito erano gli stessi per entrambi gli esercizi); la panca per il PREA e BAYE, così come l’altezza della carrucola, come anche la distanza iniziale dalla mano alla puleggia, sono state regolate individualmente per garantire la somiglianza tra i due esercizi per gli angoli formati tra il cavo e l’avambraccio all’inizio e alla fine dell’esecuzione.
Sono state utilizzate immagini ecografiche per misurare le variazioni dello spessore muscolare del bicipite brachiale e del brachiale nelle regioni prossimale, media e distale del braccio e sono stati completati test 1RM per ciascun esercizio prima e dopo il periodo di allenamento.
I risultati hanno evidenziato che in entrambe le condizioni si sono avuti e (p < 0,05) senza differenze significative tra loro (p > 0,05) nelle regioni prossimale, media e distale del bicipite brachiale (variazione relativa [dimensione dell’effetto g di Hedges]; PREA: 6% [0,51], 7% [0,49], 7% [0,53]; BAYE: 9% [0,73], 9% [0,62], 9% [0,62]) e brachiale (PREA: 10% [0,72]; BAYE: 8% [0,65]).
Allo stesso modo, sono stati osservati miglioramenti significativi nella forza massima (p < 0,05), con risultati equivalenti tra le condizioni (PREA: 28% [0,85], BAYE: 37% [1,22]).
In conclusione, l’angolo dell’articolazione della spalla non sembra influenzare l’ipertrofia muscolare e i guadagni di forza massima nei due esercizi esaminati, equiparati nei profili di resistenza.