Durante la cerimonia inaugurale dei Mondiali di calcio in Brasile del 2014, un ragazzo disabile ha dato il calcio di inizio grazie a una tuta robotica e un casco pieno di elettrodi in grado di rilevare i segnali del cervello e di innescare i movimenti delle gambe, muovendosi con l’aiuto di un esoscheletro appositamente progettato.
Questa dimostrazione iniziale è solo un primo prototipo, ma Miguel Nicolelis, neuro ingegnere della Duke University, responsabile del progetto, immagina un futuro in cui l’interfaccia cervello-macchina permetterà a persone che non sono più in grado di muoversi a causa di incidenti o malattie di rimettersi in piedi, anche se è necessaria una tuta robotica per far sì che questo accada.
La tecnologia si basa su sensori che ascoltano i segnali elettrici cerebrali, leggendoli e traducendoli in comandi digitali, che a loro volta, mettono in moto un dispositivo artificiale che agisce quindi in base alle indicazioni del cervello.
Lo studio è stato effettuato su otto pazienti paraplegici, tra i 25 e i 30 anni di età, che si sono dimostrati in grado di camminare in laboratorio con l’esoscheletro e calciare un pallone. Ma hanno anche la sensazione di camminare, che è uno degli obiettivi chiave di questo progetto: dare loro la percezione non di essere trasportati da una macchina, ma di camminare. Infatti non solo questi soggetti riescono a controllare i movimenti con l’attività cerebrale, ma ottengono anche un feedback dal dispositivo tramite gli arti ancora sensibili. Hanno tutti una sensazione fantasma, simile a quella dell’arto fantasma, che è del tutto nuova.
E’ stata utilizzata una tecnica non invasiva che è un’interfaccia basata su un’elettroencefalografia (EEG): la persona deve immaginare che tipo di movimento vuole fare, e la decisione innesca il movimento dell’esoscheletro. Le decisioni di ordine superiore sono prese dal cervello e la meccanica di livello inferiore è deputata al robot. La persona inoltre elabora in tempo reale il feedback che proviene dall’esoscheletro, così c’è una simbiosi.
9 giugno 2014; Scientificamerican.com; Miguel Nicolelis; “Nature Methods”.