Protesi ed esoscheletri degni di Terminator o Robocop potrebbero presto essere realizzati a costi contenuti e con l’ulteriore vantaggio di non pesare troppo. A dimostrarlo è un gruppo di ingegneri dell’ Università del Texas a Dallas, che ha sviluppato la tecnologia per produrli a partire dai semplici polimeri che si usano per le lenze da pesca.
Un sistema di torsione e avvolgimento di quei polimeri permette di realizzare dei “muscoli” artificiali in grado di generare una potenza di 7,1 cavalli vapore per chilo, più o meno la stessa di un motore a reazione.
L’energia destinata ad alimentare queste strutture è ottenuta da variazioni di temperatura che possono essere prodotte elettricamente, dalla reazione chimica di combustibili o ? se lo sforzo richiesto al muscolo è minore – sfruttando l’energia solare o le variazioni di temperatura ambientale.
Per esempio, i ricercatori hanno dimostrato la possibilità di utilizzare i muscoli alimentati per aprire e chiudere automaticamente le finestre di serre o edifici a seconda della temperatura, eliminando così la necessità di energia elettrica o motori rumorosi e costosi.
Le opportunità di applicazione per questi muscoli polimerici sono enormi. I più avanzati robot umanoidi di oggi, le protesi e gli esoscheletri indossabili richiedono motori e sistemi idraulici le cui dimensioni e peso limitano la destrezza e la capacità di lavoro.
Un fascio di queste fibre spesso dieci volte un capello umano è in grado di sollevare otto chilogrammi e con un centinaio di essi si solleva agevolmente una tonnellata. All’estremo opposto, muscoli polimerici di diametro inferiore a un capello umano potrebbero permettere la gestione di espressioni facciali realistiche ai robot umanoidi o addirittura per microchirurgia poco invasiva.
Per ottenere questi risultati, le fibre polimeriche vengono sottoposte a un primo processo di torsione che trasforma i gruppi di fibre in un muscolo che agisce in senso rotatorio, capace di far girare un rotore a più di diecimila giri al minuto. Una successiva ulteriore torsione delle fibre “simile a quella di un elastico attorcigliato” fa sì che il muscolo artificiale sia in grado di contrarsi il 50 per cento della sua lunghezza quando viene scaldato, per tornare alla lunghezza originaria quando si raffredda. I muscoli naturali, per confronto, non si contraggono per più del 20 per cento.
“Science”,Ray Baughman; 21 febbraio 2014.