Gli esercizi di stretching vengono solitamente eseguiti come parte di una routine di riscaldamento per preparare il corpo all’attività fisica e migliorare le prestazioni.
Questi esercizi comprendono vari tipi, tra cui lo stretching statico e dinamico, ognuno dei quali offre benefici e potenziali svantaggi.
Lo stretching statico comporta mantenere un muscolo alla sua lunghezza massima per un periodo prolungato e la ripetizione di questo processo, con l’obiettivo di migliorare la flessibilità muscolare, l’elasticità e l’ampiezza del movimento.
Al contrario, lo stretching dinamico prevede movimenti attivi che imitano quelli dell’attività imminente, con una contrazione attiva e ritmica di un gruppo muscolare attraverso parte del suo ROM funzionale.
I benefici dello stretching statico e dinamico sono stati ampiamente documentati, tra cui una maggiore compliance muscolare, una ridotta resistenza all’allungamento, un miglioramento nelle prestazioni, come nella velocità di sprint, e un rischio di infortuni ridotto. Nonostante questi vantaggi, gli effetti acuti dello stretching sugli adattamenti neuromuscolari e sul controllo dell’equilibrio rimangono aree di ricerca in corso. Dal punto di vista dell’adattamento neuromuscolare, diversi tipi di stretching provocano effetti distinti.
La ricerca indica che lo stretching statico può portare ad una riduzione temporanea della potenza e delle prestazioni muscolari, in particolare nelle attività che richiedono movimenti esplosivi. Al contrario, lo stretching dinamico generalmente produce effetti più positivi, migliorando la forza massima e le prestazioni di sprint. Dal punto di vista dell’adattamento dell’equilibrio, gli effetti dello stretching statico sono più complessi. Alcuni studi suggeriscono che lo stretching statico possa incrementare la flessibilità e l’ampiezza di movimento delle articolazioni, migliorando potenzialmente l’equilibrio. Tuttavia, altre ricerche ne indicano un effetto negativo, in particolare in compiti che richiedono controllo dinamico e risposte rapide. Questo effetto negativo può essere dovuto all’influenza dello stretching statico sulla tensione muscolare e sulla risposta del sistema nervoso, che può ridurre l’esplosività muscolare e il tempo di reazione, compromettendo così la capacità di regolare rapidamente l’equilibrio.
Un confronto diretto sugli effetti neuromuscolari e sull’equilibrio dello stretching statico rispetto a quello dinamico su soggetti con diversi livelli di abilità atletica potrebbe fornire informazioni preziose sui punti di forza e sui limiti di ciascun approccio.
Nello studio di Wang et al. (Front Physiol. 2024 Dec 3:15:1486901. doi: 10.3389/fphys.2024.1486901), gli autori hanno esaminato gli effetti sulla funzione neuromuscolare e sull’equilibrio dopo un protocollo di stretching statico e dinamico.
Sono stati selezionati sessanta studenti maschi (media DS, età: 21,6±1,76 anni), attivi a livello amatoriale (soddisfacevano le indicazioni per soggetti adulti di età compresa tra 18 e 64 anni di svolgere almeno 150-300 minuti di attività di intensità moderata o 75-150 minuti di attività di intensità vigorosa a settimana, più un allenamento di rinforzo muscolare per due o più giorni a settimana).
I soggetti sono stati divisi casualmente in tre gruppi di venti soggetti ciascuno: il gruppo di stretching statico (gruppo SS), il gruppo stretching dinamico (gruppo DS) e il gruppo senza stretching (gruppo NS, controllo).
Tutti e tre i gruppi hanno iniziato con una sessione di riscaldamento generale di 10 min di jogging ad un livello di sforzo percepito di 3-5. Si sono riposati per tre minuti e, in seguito, hanno eseguito una batteria di test: il Stork Balance Test (SBT, per valutare la capacità di equilibrio statico), il Y-Balance Test (YBT, per valutare la capacità di equilibrio dinamico), il T-Change of Direction Test (CoD T-test, per valutare l’agilità e la funzione neuromuscolare attraverso la corsa in avanti, laterale e all’indietro su brevi distanze), il Countermovement Jump Test (CMJT, per valutare la forza reattiva degli arti inferiori), il Squat Jump Test (SJT, per valutare la prestazione della potenza degli arti inferiori da una posizione stazionaria, semi-accovacciata) e il Five-Time Jump Test (FJT, spesso utilizzato per valutare la potenza muscolare degli arti inferiori, esguendo 5 salti consecutivi orizzontali, con i piedi uniti all’inizio e alla fine dei salti).
Dopo il periodo di recupero e le valutazioni iniziali, il gruppo SS e il gruppo DS hanno eseguito i rispettivi protocolli di stretching, ciascuno della durata di circa 8,5 minuti, mentre il gruppo NS si è riposato per 8,5 minuti. Successivamente, tutti i soggetti sono stati sottoposti a valutazioni post-intervento, ripetendo i test (SBT, YBT, CoD T-test, CMJT, SJT e FJT). Inoltre, i partecipanti hanno ricevuto indicazioni standardizzate su ogni movimento di stretching da personale qualificato prima e durante l’intervento per garantire un’esecuzione coerente degli esercizi.
Il protocollo SS era formato da dieci esercizi di stretching, mirati a specifici gruppi muscolari: glutei, adduttori, erettori spinali, addominali, obliqui, pettorali, fascia ileotibiale, quadricipiti, ischiocrurali, gastrocnemio e soleo. Ogni movimento prevedeva 1 o 2 serie, ciascuna della durata di 30 s (questo protocollo è stato selezionato perché durate di SS di 2 min o più sono frequentemente utilizzato in studi simili e, inoltre, è stato riportato che tempi più lunghi di 30 s non producono ulteriori miglioramenti in determinati indicatori di prestazione sportiva).
Il protocollo DS comprendeva tredici movimenti incentrati sui gruppi muscolari degli arti inferiori. I partecipanti al gruppo DS si sono impegnati in una combinazione di attività di mobilizzazione, movimenti controllati su di un’ampiezza di movimento attivo ed esercizi pliometrici leggeri (ad esempio, saltelli su di un arto, avanti e indietro).
I risultati hanno evidenziato significativi effetti principali per il tempo per i test SBT, YBT e CoD T-test. Sono state riscontrate interazioni significative tra tempo e gruppo per SBT, YBT, CoD T-test e CMJT (P < 0,05). Rispetto al gruppo NS, il gruppo SS ha mostrato un miglioramento significativo nel test SBT (P < 0,05), mentre il gruppo DS ha dimostrato miglioramenti significativi nei SBT, YBT (tutte le direzioni), CoD T-test, CMJT e SJT (P < 0,05). Dopo l’allenamento, il gruppo DS ha mostrato miglioramenti maggiori rispetto al gruppo SS nei YBT, CoD T-test, CMJT e SJT (P < 0,05), senza differenze significative nel SBT.
In conclusione, lo studio ha dimostrato che (i) sia il gruppo SS che quello DS hanno migliorato significativamente il SBT, senza differenze significative, (ii) solo il gruppo DS ha migliorato significativamente il YBT in tutte le direzioni e (iii) solo quest’ultimo ha migliorato significativamente gli indicatori di prestazione neuromuscolare come il CoD T-test, CMJ e SJ. Quindi, sia un allenamento di SS che di DS hanno un impatto positivo sulla capacità di equilibrio statico. Il DS mostra anche effetti positivi sulla capacità di equilibrio dinamico e sulla prestazione neuromuscolare, tra cui agilità e capacità di salto, non presenti nel SS.